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Il framework legale della proprietà intellettuale nelle iniziative di crowdsourcing online

di Lorenzo Nosari


Introduzione

Il termine crowdsourcing (da crowd, ossia folla, e sourcing, relativo ad outsourcing, e cioè esternalizzazione aziendale) indica uno strumento di problem solving basato sullo sviluppo collettivo di un progetto da parte di numerose persone, esterne all’entità che l’ha ideato.

I soggetti che collaborano lo fanno in genere volontariamente, rispondendo ad un invito a partecipare al progetto medesimo. Questo modello di lavoro cooperativo è reso possibile da Internet e non riguarda necessariamente la scrittura di codice in linguaggi di programmazione, ma la varietà di progetti può essere diversa; basti pensare a Wikipedia stessa, scritta dai propri lettori.

Mentre il termine crowdsourcing può essere qualificato come neologismo, la pratica di esternalizzare un’attività organizzativa ad un gruppo di persone è un espediente applicato già da molti secoli. Internet e i social media hanno portato, infatti, il crowdsourcing nel 21° secolo, facilitando l’accesso di centinaia di milioni di potenziali partecipanti a qualsiasi tipo di progetto. Gli aspetti giuridici di questo fenomeno possono essere dei più vari ma verranno esposti, in particolare, i problemi afferenti alla proprietà intellettuale nelle soluzioni di crowdsourcing. La comprensione delle considerazioni legali che tutelano la proprietà intellettuale è fondamentale per convincere il pubblico, con successo e sicurezza, nella ricerca di soluzioni innovative.

Gestione della proprietà intellettuale in ambito di Crowdsourcing

L’acquisizione della proprietà intellettuale può presentarsi sotto forme diverse. Alcune iniziative di crowdsourcing potrebbero non aver bisogno, o desiderio, di possedere gli intellectual property rights legati al contributo della “massa”. È il caso di Call for Targets, un’iniziativa di crowdsourcingfocalizzata sulla scoperta collaborativa di farmaci, nella quale non è richiesto alcun trasferimento di diritti IP. Nella maggior parte dei casi, invece, si assiste allo scenario inverso poiché molte organizzazioni, a vari livelli, desiderano appropriarsi del valore aggiunto derivante dalla proprietà intellettuale in questione.

L’acquisizione della proprietà intellettuale è, pertanto, un aspetto legale fondamentale nelle iniziative di crowdsourcing. Il livello più basso di acquisizione dei diritti è quello in cui l’organizzazione non prende misure per acquisire diritti di proprietà intellettuale. All’altro estremo, il più alto livello di acquisizione dei diritti è quello in cui l’organizzazione prende le misure per acquisire pienamente ed esclusivamente tutti i diritti di proprietà intellettuale, nonché le sue soluzioni proposte dai partecipanti.

La decisione di acquisto può essere una fonte critica di rischio legale e incomprensione, in quanto le aspettative tra i soggetti agenti potrebbero differire. In qualsiasi sistema di crowdsourcing è necessario che l’organizzazione riconosca le aspettative dei partecipanti ad avere la proprietà del lavoro da loro creato, predisponendo a tal fine una strategia di acquisizione della proprietà intellettuale il più appropriata possibile, e si assicuri che i partecipanti comprendano il grado di trasferimento dei diritti alla stessa all’organizzazione, delineando chiaramente i termini e le condizioni.

La piena acquisizione della proprietà intellettuale richiede che i partecipanti assegnino tutti i diritti, in modo esclusivo, all’azienda o altro soggetto promotore del progetto. Se non sono specificate restrizioni nell’assegnazione scritta del diritto, l’organizzazione sarà in grado di trasferire o concedere in licenza il contenuto a terzi. A seguito di un trasferimento o di una cessione di diritti, il creatore originale non potrà più utilizzare o autorizzare altri a fruire del contenuto prodotto.

Un differente approccio all’acquisizione può comportare, invece, l’ottenimento di una licenza per il contenuto piuttosto che una completa assegnazione della proprietà. In tali situazioni, i diritti e le responsabilità del licenziatario, ossia l’organizzatore dell’attività di crowdsourcing, saranno determinati in base ai termini specifici della licenza in questione. Una licenza esclusiva impedirà al licenziante di “rilicenziare” tali diritti senza autorizzazione esplicita da parte del licenziatario. Una licenza non esclusiva potrà risultare un approccio appropriato quando si cercano soluzioni dalla crowd, specialmente in contesti creativi.

In tutte queste situazioni ci saranno dettagli riguardanti l’ambito di assegnazione o di licenza, i quali avranno un impatto diverso a seconda del modello di acquisizione prescelto. Gli accordi possono variare, ad esempio, in base alla durata (a tempo limitato o permanente), all’ubicazione (territoriale o mondiale), al formato (digitale, analogico o altro) e alla revocabilità (revocabile o irrevocabile), ma non solo. Esistono anche considerazioni in tema di risarcimento, con termini che vanno da modelli completamente esenti da royalties a modelli pay-per-use, i quali possono influire sulla correttezza di un accordo di crowdsourcing.

Quando si cerca di dettagliare un insieme di termini e condizioni reciprocamente vantaggiosi, possono sorgere problemi se le organizzazioni non sono chiare o schiette nella presentazione dell’accordo. Ancora più pericoloso risulta il caso di una disposizione di sfruttamento volutamente nascosta. Una persona dovrebbe essere in grado di trovare, leggere e comprendere i termini e le condizioni riguardanti la proprietà intellettuale. È importante che le aziende tentino di essere il più trasparenti possibile e usino un linguaggio che possa essere compreso dalla “massa”, senza sacrificare la protezione legale offerta da termini e condizioni giuridicamente validi.

Se un’organizzazione cerca un trasferimento completo della proprietà, ad esempio, i termini e le condizioni devono indicarlo chiaramente. Si consiglia, in questo caso, l’uso di un linguaggio semplice e il più chiaro possibile. Risulta essenziale che i termini e le condizioni ai quali i partecipanti acconsentono siano facilmente comprensibili da tutte le parti. Parlando di gestione, un altro aspetto di fondamentale importanza riguarda il rischio legale associato alla presenza di proprietà intellettuale appartenenti ad una third-party, la quale potrebbe essere inserita nel contenuto presentato dai contributors pubblici.

Quando i partecipanti includono contenuti che essi stessi non hanno creato o non sono autorizzati a riutilizzare o ridistribuire, si parla di “contaminazione della proprietà intellettuale”. La contaminazione della proprietà intellettuale è un rischio comune non solo al crowdsourcing diretto alla ricerca di soluzioni, ma anche all’innovazione in generale, implicando l’uso, la combinazione e la costruzione di contenuti esistenti. Limitare le responsabilità può rivelarsi una difficile attività di bilanciamento, poiché vi sono ostacoli giuridici a ciò che può essere contrattato con i partecipanti al processo di crowdsourcing. Se questi includono contenuti protetti, non creati direttamente, nei loro contributi, si presenta un rischio considerevole per l’organizzazione e ciò può condurre a contenziosi costosi ed estenuanti. Si può comprendere come potenziali problemi di contaminazione sono legati alla facilità con cui i partecipanti ad un’iniziativa di crowdsourcing possono integrare elementi audio, visivi o tecnici, senza disporre di apposita licenza, nel proprio lavoro. Ciò potrebbe includere musica protetta da copyright doppiata in un video generato dall’utente; un’immagine protetta da copyright inclusa in un collage; una parola, uno slogan o un logo registrati in un altro logo; un’invenzione brevettata o informazioni riservate integrate nella soluzione tecnica proposta.

Mentre ai partecipanti viene offerta la possibilità di fondare la propria tesi difensiva sul principio del fair use, un’organizzazione in cerca di soluzioni tramite attività di crowdsourcing potrebbe non essere così “tutelata”, in particolare quando vi sono ovvie motivazioni commerciali. In tali situazioni, può risultare temerario invocare l’ignoranza o cercare di spostare la colpa su altri soggetti. Un modo in cui l’impresa può attivarsi legalmente è predisponendo i termini e le condizioni che riguardano l’originalità e i diritti della proprietà intellettuale. Mentre il rischio di contaminazione IP può essere un fattore motivante dietro l’imposizione di termini e condizioni onerosi ed estesi, il loro potenziale impatto negativo sulla partecipazione dovrebbe essere valutato. Ad esempio, richiedendo ai partecipanti di dimostrare formalmente la proprietà dei diritti IP per i loro contributi, attraverso un copyright registrato, viene fornita maggiore protezione per l’azienda, ma ciò comporta più lavoro per i collaboratori. In alternativa, o in aggiunta a questo, le organizzazioni possono richiedere od ottenere la conferma dal partecipante che il materiale fornito non viola i diritti di proprietà intellettuale di terzi.  La non veridicità di tale dichiarazione può autorizzare l’altra parte a recedere dal contratto e a recuperare i costi sostenuti. Poiché ottenere contenuti contaminati può risultare peggio di non ottenere alcun contenuto, in termini giuridici, è necessario prestare un’attenzione capillare, al fine di evitare un’eventuale causa promossa da una terza parte che rivendica diritti di proprietà intellettuale su contenuti di crowdsourcing. E, mentre questo approccio protettivo è importante, le organizzazioni devono anche considerare come ciò possa motivare o dissuadere la partecipazione dei soggetti alla propria iniziativa.

Conclusioni

Come si è potuto vedere, il crowdsourcing risulta essere uno strumento dal grande potenziale creativo ed economico per sfruttare le competenze e le capacità di un gran numero di individui. Esistono, tuttavia, rischi rilevati associati al suo utilizzo che dovrebbero essere valutati attentamente, prima di coinvolgere i partecipanti all’iniziativa promossa. In questo articolo si è cercato di evidenziare l’importanza di comprendere le questioni giuridiche fondamentali sul tema e le regole per la gestione dei diritti di proprietà intellettuale in ambito di crowdsourcing. Si è discusso sull’uso di termini e condizioni per la gestione dei rischi afferenti l’intellectual property, delineando due aspetti legali, ossia l’acquisizione dei diritti e la limitazione delle responsabilità, e sottolineando l’importanza di gestire le aspettative della crowd di partecipanti. Ciò che emerge alla fine di questo elaborato è, a parere di chi scrive, una relazione di reciprocità: l’approccio legale alla gestione della proprietà intellettuale nel crowdsourcing modella la campagna di promozione dell’iniziativa e, allo stesso tempo, la campagna modella l’approccio legale.


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