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Mercato unico e territorialità del diritto d’autore: i limiti alla nuova normativa sul geoblocking

di Vittoria Basilavecchia

Il 6 febbraio 2018 è stato approvato il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio[1] che vieta i blocchi geografici ingiustificati e che sarà applicabile a partire dal 3 dicembre 2018.

Con il termine geoblocking o blocchi geografici ci si riferisce a quelle pratiche con le quali, sulla base della posizione geografica del consumatore, allo stesso viene negato o limitato l’accesso ad un’interfaccia online (un sito internet o un’app) o con le quali si reindirizza automaticamente il consumatore ad una diversa versione del sito che presenti prodotti diversi e, soprattutto, prezzi diversi.

In particolare, il Regolamento prevede che il professionista non possa, sulla base della nazionalità o del luogo di stabilimento o di residenza del cliente:

  • bloccare o limitare l’accesso all’interfaccia online [2];
  • reindirizzare ad una diversa versione del dell’interfaccia senza il consenso del consumatore;
  • applicare diverse condizioni generali di accesso ai beni o servizi;
  • applicare diverse condizioni ad un’operazione di pagamento in base al luogo di emissione della carta di debito o di credito.

In realtà, le pratiche di geoblocking non sono state indiscriminatamente vietate dal legislatore europeo.

In primo luogo, costituiscono oggetto del divieto solo quei blocchi geografici che risultino ingiustificati. Ad esempio, la limitazione dell’accesso o addirittura il blocco ad un sito o ad un’app in un determinato Stato membro possono fondarsi sull’esigenza di rispettare la legge di quello stesso Paese.

Non solo, ma anche con riferimento al re-indirizzamento a versioni diverse dello stesso sito, il legislatore ha riconosciuto che la predisposizione di interfacce diverse a seconda del Paese non si configuri di per sé come illegittima, a condizione che tale predisposizione non renda più difficile, per il consumatore, il completamento dell’acquisto.

Si tratta una disciplina dichiaratamente finalizzata “a realizzare il pieno potenziale del mercato interno come spazio senza frontiere interne” [3], tanto che restano escluse dall’ambito di applicazione della stessa le ipotesi in cui tutti gli elementi rilevanti della transazione siano limitati ad un solo Stato membro.

Per il momento, restano però esclusi anche i contenuti digitali protetti dal diritto d’autore, quali ad esempio musica o videogiochi, per i quali, quindi, il geoblocking resta ancora lecito.

La ragione di questa limitazione è probabilmente da ricercarsi in uno dei principi fondamentali che governano il diritto d’autore e cioè nel principio di territorialità, per cui “invece di un titolo unico sul diritto d’autore, valido simultaneamente in tutta l’UE, esistono 28 titoli nazionali distinti. L’utilizzo di un’opera in tutti gli Stati membri richiede la conclusione di una licenza o di più licenze che coprano i territori nazionali” [4].

Dunque, in un contesto in cui il diritto d’autore presenta la caratteristica fondamentale della territorialità, i bocchi geografici appaiono come uno strumento decisamente efficace per garantire un’effettiva tutela del copyright. Appare infatti probabile che, fino a che il diritto d’autore resterà territoriale, non sarà possibile delegittimare del tutto le pratiche di geoblocking [5].

Resta da chiedersi se, in realtà, queste misure non portino a risultati opposti. Risulta infatti da uno studio del novembre 2013, commissionato dall’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (UAMI)[6], che il 22% dei cittadini europei considera accettabile scaricare o avere accesso illegalmente a contenuti protetti dal diritto d’autore, quando non sussiste un’alternativa lecita nel loro paese. Percentuale che si eleva fino ad arrivare al 42% per i cittadini di età compresa tra i 15 e i 24 anni.

Peraltro, lo stesso studio ha evidenziato che tale convinzione, ampiamente diffusa, si inserisce in ogni caso in un contesto in cui i cittadini riconoscono il ruolo del copyright, tanto che l’86% dei soggetti ha concordato con il fatto che la protezione della proprietà intellettuale sia importante in quanto contribuisce a migliorare e garantire la qualità di prodotti e servizi.

Sembra quindi che il permanere delle barriere, sia di natura tecnica come il geblocking, sia di natura giuridica come la territorialità del diritto d’autore, finiscano per alimentare proprio quella pirateria che il complesso di norme europee sulla proprietà intellettuale nasce per contrastare.

In ogni caso il legislatore europeo, probabilmente consapevole di questa tensione, ha già predisposto un margine di manovra in questo senso. Il Regolamento prevede infatti che, entro due anni dall’entrata in vigore dello stesso, la Commissione dovrà effettuare una valutazione sulla possibilità di sopprimere, tra le altre, la limitazione relativa ai contenuti protetti dal diritto d’autore.


[1] Regolamento (UE) 2018/302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2018, recante misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno e che modifica i regolamenti (CE) n. 2006/2004 e (UE) 2017/2394 e la direttiva 2009/22/CE.

[2] Lo stesso Regolamento, all’art. 4, n. 16, definisce l’interfaccia online come “qualsiasi software, compresi siti Internet o parte di essi e applicazioni, tra cui le applicazioni mobili, gestito da un professionista, o per conto di quest’ultimo, che serve a fornire ai clienti l’accesso a beni o servizi del professionista, al fine di effettuare una transazione avente ad oggetto beni o servizi”.

[3] Considerando n. 1 del Regolamento.

[4] Commissione europea, Verso un quadro normativo moderno e più europeo sul diritto d’autore, comunicazione, 9 dicembre 2015, COM/2015/0626 final.

[5] Hoffman J., Crossing Borders in the Digital Market: A Proposal to End Copyright Territoriality and Geo-Blocking in the European Union, 49 The George Washington University Law School, 2017, 143 ss.

[6] Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno, “European citizens and intellectual property: perception, awareness and behaviour – Cittadinanza europea e proprietà intellettuale: percezione, consapevolezza e comportamento”, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52015DC0626&from=IT, novembre 2013


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