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Emergenza epidemiologica: tra esigenze di giustizia e bisogno di tecnologia.

Rilievi e prospettive di riforma

di Luigi Dell’Aquila


All’alba della terza decade degli anni Duemila il nostro Paese è stato investito dalla più importante forma epidemiologica della storia contemporanea[1]. Gli effetti di quella che è stata oramai dichiarata una pandemia mondiale[2] hanno travolto tutti i settori della nostra vita quotidiana.

Come affermato da molti, l’odierno progresso tecnologico e scientifico è fortunatamente in grado di mitigare in buona parte le conseguenze negative delle misure di restrizione che i Governi sono costretti ad applicare, oltre che ad accorciare, come ben si spera, i tempi di completamento di ricerca di una soluzione definitiva sul piano medico-scientifico[3].

In un simile contesto, anche la rete internet e l’informatica si sono dimostrate in grado di fornire, sin da subito, importanti risposte a tutte quelle problematiche che hanno stravolto la nostra routine. Non ci si riferisce solo alle numerose forme d’intrattenimento o alle efficienti modalità di smart working; la cyber technology è stata recentemente interpellata e sfruttata anche dallo Stato per consentire l’esercizio con continuità delle sue funzioni imprescindibili, tra cui l’amministrazione della giustizia.

Un ordinamento giuridico, data la sua ineludibile cogenza, non può infatti permettersi di vacillare nell’esercizio imperativo dell’applicazione delle regole, in quanto rischierebbe di suscitare nell’iodei consociati un senso d’impunità dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche[4].

Il Governo italiano, con due consecutivi decreti d’urgenza emessi in pochissimi giorni[5], ha disposto nel settore giudiziario la sospensione di qualsivoglia attività processuale nonché di tutti i termini processuali sino al prossimo 15 aprile.

Invero, sono stati esclusi dall’applicazione di questa misura straordinaria tutti i procedimenti urgenti per cui non è procrastinabile la loro definizione e/o proseguimento, disponendo forme alternative per la decretazione dell’udienza.

Un settore particolarmente interessato da questo tipo di esigenze di continuità e celerità è sicuramente quello penalistico, in cui viene posta in gioco l’invalicabile e fondamentale libertà personale che non può, e non deve, conosce alcuna forma di compressione, limitazione ed eccezione.

Le udienze in videoconferenza.

A seguito del D.L. del 8 marzo 2020, n. 11, la Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia, con il provvedimento n. 3413, del 10 marzo 2020, ha disposto che le udienze civili e penali, non sottoposte alla sospensione dei termini processuali disposta dal predetto provvedimento d’urgenza, debbano svolgersi tramite collegamento in remoto.

In particolare, all’art. 2, viene disposto che per quanto concerne lo svolgimento delle udienze civili, ove possibile, quelle indifferibili, debbano essere svolte attraverso l’uso di due precise applicazioni: Skype for Business e Teams[6].

Invece, per quanto concerne le udienze penali, all’art. 3, viene disposto che queste si debbano svolgere tramite collegamento in videoconferenza, ove possibile, per mezzo degli strumenti già in possesso dall’amministrazione della giustizia presso i tribunali e dall’amministrazione penitenziaria in ossequio alle disposizioni già previste per la partecipazione e audizione dei detenuti sottoposti all’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario[7].

Il provvedimento della Direzione Generale del Ministero della Giustizia, pur dovendo fare i conti con le carenze strutturali di molti tribunali italiani ancora arretrati sul piano tecnologico, ha trovato comunque applicazione in alcuni centri giudiziari più attrezzati come quelli di Napoli, Venezia, Brindisi e Taranto.

Si sono già svolte, infatti, sia udienze civili – che hanno permesso al giudice anche l’acquisizione della documentazione necessaria per proseguire la fase istruttoria – sia udienze penali di convalida dell’arresto, permettendo all’indagato di partecipare direttamente dal penitenziario in cui è era posto in custodia cautelare.

Il processo elettronico nel diritto europeo.

Ponendo attenzione alla misura straordinaria appena adottata dal Governo, si deve tuttavia rilevare che quanto disposto sia stato mutuato dal legislatore italiano direttamente dal quadro normativo europeistico in cui è pressoché abituale far uso di simili tecnologie all’interno delle aule giudiziarie. 

Le possibilità offerte dalla legislazione comunitaria esistente potrebbero essere sicuramente maggiormente sfruttate, segnatamente conducendo le audizioni di testimoni, esperti o vittime tramite videoconferenza, conformemente a strumenti giuridici quali:

• la Convenzione, del 29 maggio 2000, relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea (art. 10);

• il regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale (artt. 10, par. 4 e 17, par. 4);

• la direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (art. 9, par. 1);

• il regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (artt. 8 e 9, par. 1);

• la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (art. 11, par. 1).

Sia in materia civile che penale, la richiesta è effettuata utilizzando un formulario disponibile sui siti web delle reti giudiziarie europee. In particolare, in materia civile qualora richiesta l’assunzione indiretta delle prove, la competente Autorità giudiziaria richiesta è tenuta ad accusare ricevuta entro sette giorni. Invece, nel caso di richiesta di assunzione diretta delle prove l’organo centrale o l’autorità competente sono tenuti a notificare entro trenta giorni all’Autorità giudiziaria richiedente se la richiesta può essere accettata.

In materia penale, diversamente, lo Stato membro richiesto è tenuto a dare il suo assenso all’audizione mediante videoconferenza, sempreché il ricorso alla tale modalità non sia contrario ai principi fondamentali del diritto nazionale ed esso disponga dei mezzi tecnici necessari per effettuare l’audizione.

Una volta accettata la richiesta, possono iniziare i preparativi pratici.

Nei procedimenti civili e commerciali transfrontalieri, non appena l’Autorità giudiziaria richiedente e quella richiesta accolgono una domanda di video audizione, si mettono in collegamento con il testimone al fine di concordare la sede e la data dell’audizione stessa.

Quando le richieste di assunzione diretta delle prove sono accolte dall’organo centrale, o da altra autorità competente dello Stato membro richiesto, l’Autorità giudiziaria richiedente notifica al testimone la data, l’ora, la sede di assunzione delle prove e le condizioni di partecipazione.

L’obiettivo consiste nel rendere la sessione di videoconferenza il più possibile simile alla prassi abituale in uso all’interno dei tribunali in cui l’assunzione delle prove avviene in pubblica udienza. Per ottimizzare i risultati occorre tener conto di varie differenze. Alcune questioni che risultano ovvie allorché l’assunzione delle prove avviene in maniera convenzionale necessitano di un approccio diverso in caso di ricorso alla videoconferenza: ad esempio, accertarsi che il testimone comprenda le modalità pratiche della sessione di videoconferenza e sia a conoscenza delle parti in causa nella videoconferenza e dei loro rispettivi ruoli.

Quando la videoconferenza prevede l’interrogatorio di un testimone situato all’estero occorre tener conto delle differenze di fuso orario. Le esigenze pratiche dei testimoni, delle parti, dei loro rappresentanti e dell’autorità giudiziaria sono tutti elementi che devono essere altresì presi in considerazione. 

Nel corso dell’esame, il testimone deve essere in grado di vedere il soggetto che formula la domanda ed anche tutti coloro che intervengono nel processo. Nel caso di testimoni vulnerabili o oggetto di intimidazioni, la videoconferenza può essere considerata un mezzo per ridurre lo stress e il disagio che potrebbero essere causati dall’inconveniente del viaggio verso un tribunale straniero. Si auspica quindi che il progressivo ricorso alle apparecchiature di videoconferenza, così come già sperimentate in campo europeo, possa offrire agli organi giurisdizionali maggiore flessibilità riguardo al momento e alle modalità di deposizione di consulenti tecnici[8].

Nel lungo termine, la videoconferenza potrebbe essere integrata da archivi o server comuni di documenti. Tali capacità sono sempre più utilizzate per lo scambio di informazioni, ma nel contesto giudiziario occorre usare maggiore cautela per garantire la sicurezza di ciascuno di tali archivi e riservarne l’accesso unicamente alle parti autorizzate collegate alla causa[9].

Il diritto processuale penale italiano contro il processo a distanza (?).

Se l’implementazione di strumenti di audio e video conferenza nella giustizia elettronica di matrice europeista appaiono ormai ampiamente consentiti, e strutturalmente incardinati, in Italia invece sussistono non pochi ostacoli, giuridici e non, a recepire un simile modello.

Quella della celebrazione del processo a distanza è un’annosa questione che ha lontanissime radici nel panorama giuridico penalistico italiano che si scontra, indefettibilmente, con i sacri principi costituzionali[10].

Lungi dal voler in questa sede analizzare le singole problematiche legate al bilanciamento degli interessi legate al diritto alla partecipazione all’udienza da parte dell’indagato/imputato, al principio del giusto processo e alla formazione di un regolare contraddittorio, occorre osservare come la normativa vigente non è in grado di recepire le attuali strutture informatiche così come sopra delineate[11].

Il processo penale, orale ed immediato per antonomasia, se celebrato a distanza attraverso collegamenti in remoto presuppone, di conseguenza, una distanza fisica che astrattamente sarebbe in grado di neutralizzare buona parte degli strumenti difensivi.

Basti pensare all’arte della retorica, della persuasione, e di tutte le altre tecniche, comportamentali e non, che sono in grado di fare la differenza all’interno di un processo penale costituito di momenti di frizione, di strategia e di raffinata cura dei dettagli che fanno dell’avvocatura un’arte maestra.

L’esame testimoniale, esempio di scuola e punto nevralgico dell’istruttoria processuale, rischierebbe di perdere la sua genuinità e la sua funzione probatoria in quanto, almeno astrattamente, il processo a distanza lo svuoterebbe dell’efficacia dell’oralità delle domande poste dalle rispettive parti del processo.

Un altro rilevante profilo su cui necessariamente gli operatori del processo penale pongono un grande interrogativo riguarda le formalità della produzione documentale nonché del verbale d’udienza.

Infatti, per quanto concerne il primo punto, durante il processo penale le parti hanno la possibilità di effettuare produzioni documentali. Fase che presuppone un previo accordo di tutte le parti processuali oppure la selezione di quelle parti che le stesse ritengono opportuno il giudicante possa prenderne cognizione.

Si tratta di un’attività prettamente materiale che non si riesce ad immaginare realizzabile, con le attuali strutture giuridiche ed informatiche, nel processo penale perché non in grado di fornire le adeguate garanzie.

Senza parlare dell’ipotesi di costituzione di parte civile nel processo penale che presuppone il pagamento di un contributo erariale tramite affissione di una marca da bollo annullata dal cancelliere presente in aula.

Allo stesso modo le formalità del verbale d’udienza, atto pubblico che fa fede fino a querela di falso, la cui sua funzione principale è quella di trascrivere fedelmente tutto ciò che accade durante la celebrazione dell’udienza, dalla presenza delle parti sino all’annotazione di qualsivoglia eccezione e richiesta formalizzata dalle stesse.

Lo stesso deve essere sottoscritto sia dal pubblico funzionario che lo redige, sia dal giudice che presiede l’udienza, ponendo interrogativi senza risposta qualora il verbale redatto in forma elettronica non prevede il possesso da parte di questi operatori di alcuno strumento di firma digitale non avendo mai previsto una piattaforma telematica per il processo penale al pari di quello civile, ormai in uso dal 2014.

Inadeguatezze, rilievi critici e prospettive di riforma.

Appare pacifico che l’attuale emergenza sanitaria, colpendo indistintamente ogni prospettiva della nostra vita quotidiana, è riuscita a mettere in luce numerose inadeguatezze e falle del sistema, tra cui quello della giustizia.

Un settore già martoriato per numerose questioni organizzative che, a differenza di molti altri, non è riuscito a fornire una risposta idonea per proseguire la propria attività ma si sta curando semplicemente di non collassare per evitare irreparabili conseguenze sociali ed economiche.

Da sempre ancorati alla tradizione, al classicismo dei paradigmi originari e conservatori degli aulici principi, l’amministrazione della giustizia, specialmente penale, sta incontrando la più grande crisi della sua storia nell’amministrazione ed esercizio dei propri poteri. Si sta verificando una totale paralisi, causata dall’assenza di qualsiasi forma di gestione alternativa a quella tradizionale.

Un simile momento di crisi deve però stimolare tutti gli addetti ai lavori a rivedere le proprie posizioni rispetto alla tecnologia nel, e del, processo penale affinché sia in grado, seppur non ce lo auspichiamo, di fronteggiare in futuro un’altra emergenza e non cadere nuovamente nel baratro dell’immobilismo.

Occorre accelerare con la riforma del processo penale telematico, che si era paventata all’indomani del successo di quello civile il quale ha reagito già in maniera diversa alla pandemia, dotando le istituzioni e tutti gli attori protagonisti del momento processuale degli strumenti necessari continuare una delle funzioni primarie dello Stato.

Il mondo digitale non è necessariamente la morte della tradizione, ma può aiutare a farla sopravvivere.


[1] Roy M Anderson, Hans Heesterbeek e Don Klinkenberg, How will country-based mitigation measures influence the course of the COVID-19 epidemic?, in The Lancet, marzo 2020

[2] Direttore dell’O.M.S. Durante la conferenza stampa del 11 marzo 2020 https://www.who.int/dg/speeches/detail/whodirector-general-s-opening-remarks-at-the-media-briefing-on-covid-19—11-march-2020

[3] B. SIMONETTA, Così i Big Data e Intelligenza Artificiale Stanno Battendo il Coronavirus in Cina; in Il Sole 24 Ore, 9 marzo 2020, https://www.ilsole24ore.com/art/la-macchina-tech-xi-jinping-cosi-big-data-e-intelligenza-artificiale-stanno-battendo-coronavirus-cina-ADsL0XB

[4] SPAGNOLO – SALUZZO, La Responsabilità degli Stati e delle Organizzazioni Internazionali: nuove fattispecie e problemi di attribuzioni e accertamento, Università di Torino, 2017.

[5] D.L. del 8 marzo 2020, n. 11, e il D.L. “Cura Italia” del 17 marzo 2020, n. 18.

[6] Skype for Business è la versione a pagamento dell’applicazione di videoconferenza Skype, integrata nel pacchetto Office permette di svolgere chiamate fino a 250 contatti. Teams, invece, è un prodotto che combina chat di lavoro persistente, videoconferenze, archiviazione di file e integrazione delle applicazioni.

[7] Si fa riferimento alle udienze di convalida dell’arresto e giudizio direttissimo ex art. 558 c.p.p. nonché all’udienza di convalida ex art. 391 c.p.p.

[8] P. BRUNO, La Giustizia Elettronica nell’Unione Europea, 2017, Key Editore.

[9] M. MANCARELLA, eJustice Amministrativa Europea, Trento, 2018.

[10] Si rinvia al comunicato dell’osservatorio “doppio binario e giusto processo” dell’UCPI circa l’incostuzionalità dell’art. 146-bis, disp. Att., c.p.p. http://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2018/06/PROFILI-DI-INCOSTITUZIONALITA-SULLA-PARTECIPAZIONE-AL-DIBATTIMENTO-A-DISTANZA-.pdf

[11] Si rinvia a P. RIVELLO, La disciplina della partecipazione a distanza al procedimento penale alla luce delle modifiche apportate dalla riforma Orlando, in Diritto Penale Contemporaneo, Fasc. n. 7-8/2017, Milano.


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