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L’app “io” e l’obbligo di digitalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni

di Paolo Palmieri


1.    Premessa

Sugli store online android ed apple è disponibile la versione beta dell’applicazione “io” della Pubblica Amministrazione italiana (PP.AA.).

Nell’intento del legislatore e del Team per la Trasformazione Digitale che ha dato il via al progetto, “io” è destinata a diventare l’interfaccia di tutta la Pubblica Amministrazione con i cittadini italiani, per consentirgli l’invio di messaggi aventi valore lagale, notifiche, avvisi; per consentire al cittadino di accedere ai propri documenti smaterializzati, presentare istanze, visionare i “suoi” procedimenti amministrativi, e pagare i tributi dallo smartphone.

“io” è destinata a diventare una piattaforma, accessibile con strumenti sicuri di autenticazione, deputata a ricomprendere in un unico ecosistema tutte le informazioni e i procedimenti d’interesse dei singoli cittadini.

Insomma, è la concretizzazione dei diritti astratti sanciti in favore del cittadino dal CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale) e dal Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019 – 2021.

Un progetto bellissimo, ma il cui destino è completamente nelle mani delle singole Pubbliche Amministrazioni. Proviamo a capire perché.

2.    La fonte normativa

Il d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179, il c.d. decreto correttivo del CAD, ha introdotto l’art. 64 bis nel Codice, a mente del quale le PP.AA., i gestori dei servizi pubblici e le società a controllo pubblico, devono rendere fruibili i propri servizi in rete tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In che modo? Il secondo comma precisa che tali soggetti debbano progettare e sviluppare i propri sistemi e servizi in modo da garantire l’integrazione e l’interoperabilità tra questi ed il servizio di cui sopra.

Ottenuto lo strumento normativo, il Team per la Trasformazione Digitale ha stabilito un gruppo di lavoro e una roadmap per dare il via allo sviluppo del primo prototipo dell’app.

Con la pubblicazione del Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, l’app “io” è stata inserita tra gli obiettivi della trasformazione digitale del nostro Paese, e descritta come “… un’app che rende possibile una fruizione efficace dei servizi pubblici digitali, sia delle PA centrali che locali, permettendo ai cittadini di ricevere comunicazioni dalle PA ed effettuare pagamenti relativamente a servizi pubblici anche dal proprio smartphone”.

Il progetto si basa sul design di Designers Italia, e sulle linee guida open source degli sviluppatori di Developers Italia. Gli obiettivi dichiarati del Piano sono quelli di rendere più efficiente la comunicazione cittadino-PA, semplificare la fruizione dei servizi digitali delle PP.AA. centrali e locali, incrementare il numero di pagamenti telematici effettuati dai cittadini, e aumentare la conoscenza che i cittadini hanno dei servizi pubblici digitali ed il loro utilizzo.

Dalla creazione dell’app, il progetto di “io” è passato dal Team per la Trasformazione Digitale a PagoPA s.p.a., società pubblica creata allo scopo di sviluppare e diffondere i servizi pubblici digitali in Italia, a partire dal sistema di pagamento pagoPA.

3.    L’app “io” allo stato: un guscio vuoto

Lo sviluppo dell’app “io” è stato da alcuni commentatori un’anomalia positiva nel sistema italiano, perché “ha seguito i processi tipici di una startup innovativa” (basta consultare la roadmap sul sito ufficiale, all’indirizzo https://io.italia.it/roadmap/); però, allo stato sono presenti pochissimi servizi di pochissime PP.AA..

La società PagoPA s.p.a. ha motivato l’opportunità di pubblicare l’app “io” sugli store già adesso, con un numero così ridotto di servizi, con la volontà di rispettare i tempi programmati per il rilascio della versione beta; consapevole che, allo stato, è un guscio vuoto.

L’intento è quello di calibrare l’infrastruttura, e consentire agli Enti di iniziare ad integrare i propri servizi.

Detto questo, nonostante i nobili intenti perseguiti, ad oggi l’app non è che un mero sistema di reindirizzamento sui siti delle (poche) Pubbliche Amministrazioni che sono state ammesse alla fase di sperimentazione, tra cui spiccano solo pochi servizi del Comune di Roma, di Milano e dell’ACI. Ma anche in quest’ultimo caso, ad esempio, per il pagamento del bollo auto, l’app “io” rinvia semplicemente al sito dell’ACI dove è possibile loggarsi e pagare il bollo.

4.    L’integrazione dei servizi delle PP.AA. nell’app “io”

L’intento nobile del Team prima, e di PagoPA s.p.a. dopo, ha bisogno dell’apporto delle Pubbliche Amministrazioni per potersi concretizzare.

Com’è noto, attualmente le più grandi piattaforme previste dal Piano Triennale sono SPID, PagoPA, e ANPR.

Utilizzando l’app “io”, il cittadino acconsente ad interfacciarsi con (teoricamente tutte) le Pubbliche Amministrazioni con cui necessita di entrare in contatto. Ci si autentica con SPID o con la Carta d’Identità Elettronica, e da quel momento gli Enti hanno la sicurezza di rapportarsi con quel determinato cittadino.

I vantaggi sono innumerevoli: prima di tutto, il cittadino non avrà bisogno di autenticarsi su ogni sito di ogni Pubblica Amministrazione.

Ma manca un tassello fondamentale ed imprescindibile affinché la struttura funzioni: la digitalizzazione del sistema documentale della Pubblica Amministrazione.

Senza questo tassello, l’app “io” è come un potente sistema operativo eseguito su un computer senza hard disk interno.

Peraltro la digitalizzazione del flusso documentale della Pubblica Amministrazione non è un optional; l’art. 40, comma 1, del CAD è chiaro: “Le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti, inclusi quelli inerenti ad albi, elenchi e pubblici registri, con mezzi informatici secondo le disposizioni di cui al presente codice e le regole tecniche di cui all’articolo 71”. In altre parole, non esistono originali cartacei della Pubblica Amministrazione.

Le PP.AA., in ciascun settore e sotto la responsabilità del R.U.P., hanno l’obbligo di gestire la propria attività mediante la predisporre di un fascicolo informatico per ogni singolo procedimento amministrativo, inteso come insieme dei documenti informatici relativi al procedimento.

Nel disegno del CAD, le PP.AA. predispongono i fascicoli informatici con possibilità di autorizzare gli accessi a soggetti da loro individuati, in maniera tale da garantire la corretta allocazione e la reperibilità, l’accesso ordinario e l’accesso civico generalizzato ai sensi del d.lgs. 33/2013, e, per quanto concerne l’app “io”, per garantire “l’immediata conoscibilità anche attraverso i servizi di cui agli articoli 40-ter e 64-bis”.

Insomma, non stiamo parlando di prospettive a lungo termine. Tutte le Pubbliche Amministrazioni hanno l’obbligo di rendere fruibili digitalmente, già oggi, i loro servizi, anche tramite la piattaforma “io”; che peraltro è offerta “gratuitamente” dallo Stato.

È chiaro come nella maggior parte delle amministrazioni questo sistema sia un miraggio. Non ci sono manuali di produzione e gestione documentale efficienti; i software gestionali, pagati a caro prezzo, sono sfruttati forse al 10% delle loro potenzialità; non si adottano sistema di conservazione in cloud; non si usano firme digitali o altre firme elettroniche qualificate; e la carta regna sovrana, nonostante i diritti dei cittadini sanciti nel CAD.

Se le Pubbliche Amministrazioni non dematerializzano il flusso documentale, e se non avviano un concreto passaggio al digitale, un sistema come “io” sarà del tutto inutile. Peraltro, tale mutamento di prospettiva è fondamentale per la gestione agile del lavoro nelle PP.AA., come ha messo in luce la pandemia causata dal Covid-19: senza informatizzazione del lavoro, non è ipotizzabile uno “smart working” realmente efficiente.

5.    L’onboarding delle PP.AA.

Per le Pubbliche Amministrazioni che hanno attuato da tempo seri processi di trasformazione digitale (ad esempio, predisponendo l’accesso ai propri servizi tramite SPID, aderendo all’ANPR, consentendo i pagamenti mediante PagoPA, ecc.), il processo di on boarding in “io” è sicuramente più immediato.

Una volta individuati i servizi erogabili tramite “io”, la Pubblica Amministrazione deve registrarsi al back office di developer.io.italia.it, ed usare le API (Application Programming Interface) messe a disposizione per sviluppare l’integrazione dei loro servizi in “io”.

L’utilizzo di “io” implica la sottoscrizione di un accordo di adesione ai servizi per il tramite di un rappresentante legale dell’Ente, e nulla più.

Qualunque Ente pubblico che conosca il codice fiscale di un cittadino può utilizzare le API di “io” per contattarlo, inviargli documenti o avvisi, o conoscere le preferenze dell’utente in termini di servizi attivi e canali di contatto.

La certezza di inviare comunicazioni, avvisi e pagamenti esattamente al cittadino destinatario di quel servizio è garantita dal processo di autenticazione basato su SPID o sulla CIE.

Come si comprende, per ora, è sempre il cittadino a dover manifestare la propria volontà di interagire con le Pubbliche Amministrazioni tramite l’app “io”, ossia di costituire il proprio domicilio digitale “nell’app” ai sensi dell’art. 3 bis del CAD. Se il cittadino non attiva l’app “io” sul proprio dispositivo, la comunicazione non sarà inoltrata e l’ente potrà raggiungerlo tramite i canali tradizionali.

“io” è completamente open source; tutti i codici sorgente sono pubblicati su GitHub, ed è sviluppata in coerenza con il principio della “privacy by design” in ossequio al GDPR (Reg. UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali).

Peraltro l’adesione all’app “io” da parte del cittadino non è irreversibile; in qualsiasi momento potrebbe effettuare un download di tutti i dati che lo riguardano, o cancellare la sua iscrizione dal servizio rimuovendo i dati salvati.

6.    Conclusioni

L’utilizzo esclusivo dell’app “io” potrebbe sembrare pura utopia, ma le PP.AA. hanno già oggi gli strumenti per servirsene.

Per far sì che abbia un’utilità concreta, occorre che le Pubbliche Amministrazioni abbraccino finalmente la trasformazione digitale: rispettino il principio del cloud first (art. 68 del CAD), dell’once only, dell’interoperability by design, del digital identity only; ed integrino PagoPa.

Ma come velocizzare questo processo, oggi esageratamente lento, che dovrebbe essere spontaneo?

Legando gli obiettivi di digitalizzazione alle performance dei dirigenti e dei dipendenti. Punendo severamente i danni erariali causati dagli acquisti e dagli investimenti contrari al Piano Triennale per l’Informatica. Denunciando la violazione dei “diritti digitali” agli organi a ciò preposti, come il Difensore Civico per il Digitale.

Un ruolo di primo piano spetta ai Responsabili per la Transizione digitale, chiamati ad implementare i servizi digitali presso Pubbliche Amministrazioni; ed agli organi di indirizzo polico/amministrativo, chiamati ad inserire degli obiettivi misurabili di digitalizzazione nei documenti che davvero contano (come i piani sulla performance, o come i documenti di programmazione ed i piani esecutivi di gestione per Comuni).

Uno dei pilastri del Piano Triennale è il principio di interoperabilità, che a sua volta è la caratteristica di un sistema informatico di interagire in maniera automatica con altri sistemi informatici per lo scambio di informazioni e l’erogazione di servizi. Per far sì che ciò accada, le PP.AA. devono rendere accessibili le informazioni che immagazzinano, perché “io” è interamente basato su API.

La stella polare da seguire è l’art. 7 del CAD: tutti i cittadini hanno il diritto di fruire dei servizi erogati dai soggetti pubblici in forma digitale e in modo integrato, tramite gli strumenti telematici messi a disposizione dalle pubbliche amministrazioni e il punto di accesso dell’app “io” su dispositivi mobili.


Fonti

Codice dell’amministrazione digitale, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2019 – 2021.

“L’app IO dei servizi pubblici in Italia: come si scarica, come si usa e il suo senso strategico”, Giampiero Ruggiero, agendadigitale.eu.

“E-Government e strumenti per l’identità digitale”, Serena Deplano; “I principi fondanti del Codice dell’Amministrazione Digitale”, Daniela Quetti; entrambi in Tecnologia e Diritto Vol. II, Giuffré Francis Lefebvre.


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