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L’arbitrato nell’era dei Big Data

di Francesca Sironi De Gregorio

Con l’evoluzione della tecnologia, il modo di trasmissione delle informazioni sta rivoluzionando anche il settore legale. Se, come viene affermato, i dati sono il nuovo petrolio, i metodi di risoluzione delle controversie dovranno necessariamente nel prossimo futuro uniformarsi al trend globale e abbracciare il mondo dei big data. Il terreno più fertile è sicuramente quello su quale si muove l’arbitrato commerciale.

La grande forza dell’arbitrato commerciale è la rapidità di risoluzione della controversia, la possibilità per le parti di scegliere gli arbitrati che compongono il collegio e la possibilità di creare una customized practice. Come questo si sta evolvendo nell’era dei big data?

La tecnologia permette l’aggregazione di grandi volumi di dati e loro elaborazione in tempi particolarmente ristretti e con margini di errore minimi. Questo crea un enorme potenziale permettendo la possibilità di decisioni basate sull’analisi di fatti aggregati tramite l’utilizzo dei dati.

Tra le innovazioni più interessanti, Dispute Resolution Data è una start-up statunitense che raccoglie e analizza i dati provenienti dalle principali istituzioni arbitrali (tra le altre International Chamber of Commerce e International Centre for Dispute Resolution). Essa afferma di fornire una visione storico-geografica delle correnti di pensiero e della loro evoluzione, dotando gli utenti dei mezzi necessari per formulare la propria strategia arbitrale. Questo permette in modo efficace agli attori commerciali di valutare se intraprendere l’arbitrato e nel caso dove, quando e soprattutto come condurlo. Sebbene simili valutazione vengano quotidianamente compiute, un sistema del genere accorcia sicuramente le tempistiche e permettere di giungere a risultati più precisi e reali.

L’arbitrato, specie nei contesti di civil law, è stato sempre soggetto a critiche e ritenuto un porto sicuro per permettere alle multinazionali e alle grandi imprese di risolvere le proprie controversie lontano dall’opinione pubblica, togliendo di fatto trasparenza al loro operato.

Con l’immenso potenziale dei big data anche l’arbitrato in sé potrebbe subire una profonda modificazione. Pensiamo alle immense applicazioni di un sistema come Judge Analytics nel mondo degli ADR.

Judge Analytics è una piattaforma che ha debuttato negli Stati Uniti a inizio 2015 creata da Ravel Law, uno dei principali database online di caselaw statunitense. È uno strumento che permette agli utenti di “giudicare il giudice” e di comprendere attraverso l’analisi di precedenti sentenze emesse da tale giudice di comprendere le sue inclinazioni personali, lo stile di scrittura e il ragionamento giuridico seguito. Paradossalmente, l’obiettivo dei creatori di Ravel Law è proprio quella di rende più trasparente la giustizia: non vengono infatti condivise informazioni riservate ma semplicemente aggregate fra loro informazioni che con un’accurata ricerca sarebbero già a disposizione delle parti rendendo di fatto più veloce la loro elaborazione e soprattutto più accessibile.

Nell’ipotesi di una controversia che vuole essere composta mediante arbitrato strumenti come Judge Analytics potrebbero rivelarsi rivoluzionari e particolarmente utili.

L’arbitrato è un mezzo di risoluzione delle controversie particolarmente utilizzato nel campo del commercio e degli investimenti internazionali per le sue caratteristiche di velocità e alta personalizzazione possibile.

L’intero sistema si basa sulla possibilità per le parti di scegliere gli arbitri che hanno a comporre il collegio giudicante. Una due diligens nella scelta degli arbitri è uno strumento già in uno nella scelta del professionista a cui affidare il compito ma con strumenti di aggregazione di dati i risultati sarebbero ancora più precisi e immediati, permettendo allo stesso tempo una riduzione dei costi relativi alle ricerche e all’esame di precedenti.

Accanto a queste innovazioni, i big data potrebbero altresì permettere una significativa diminuzione dei tempi processuali in materia di discovery, il metodo di acquisizione delle prove tipico degli ordinamenti di common law e largamente utilizzato nell’arbitrato commerciale. La discovery consiste nell’esibizione di documenti rilevanti al collegio e alla controparte e dell’esame degli stessi. L’utilizzo dei big data e di software in grado di processare immense quantità di documenti in tempi brevissimi e di evidenziarne i collegamenti – talvolta anche con una maggiore precisione.

In conclusione, tali strumenti trovano nella disciplina dell’arbitrato un terreno particolarmente fertile proprio alla flessibilità che lo caratterizza. Specificatamente poi bisogna considerare la mentalità e lo spirito con cui il mercato si presenta: il business è velocità, risparmio di tempi ed economicità.

Alla luce di quanto detto i big data potrebbero rappresentare una necessaria evoluzione, andando incontro alle necessità del mercato e rendendo il ricorso a tali mezzi di risoluzione delle controversie più economici e facilmente approcciabili.


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Francesca Sironi De Gregorio

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