Skip to main content

Sulla natura giuridica dei bitcoin

di Paolo Di Marcantonio

 

1. Premessa

In meno di 10 anni dalla loro creazione, i Bitcoin hanno raggiunto un livello di popolarità mondiale, passando dall’essere uno strumento di nicchia ad un mezzo di pagamento globale.
Tattavia, in Italia, così come all’estero, ad oggi non esiste uno specifico inquadramento giuridico di questi nuovi prodotti digitali, con conseguenti difficoltà per la P.A. sotto il profilo della loro tassabilità e per la giurisprudenza in relazione alla tutela dei diritti connessi.

2. Moneta elettronica = Moneta digitale?

Prima di effettuare l’indagine circa la qualificazione giuridica dei bitcoin, è d’obbligo fare chiarezza e distinguere le figure di moneta virtuale ed elettronica che, seppur simili semanticamente, sono profondamente diverse tra loro.
La moneta elettronica (o e-money) così come definita dall’UE è “un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall’emittente” (art. 55, lett. h ter della Legge n. 39 del 1 marzo 2002, attuativa della Direttiva 2000/46/CE).
Di questo sistema esistono due sottocategorie:

  1. le card basednel quale il valore monetario è immagazzinato nel microchip del sistema di pagamento (ex Visa, Mastercard);
  2. le software basedove la disponibilità è memorizzata su un conto online (ex Paypal).

Le monete virtuali (Bitcoin, Ethereum ecc…) non sono invece soggette a controlli intemedi da parte di istituti di credito, circolando grazie alla tecnologia blockchain all’interno di una specifica comunità virtuale.

3. Il bitcoin

Definiti dallo stesso Nakamoto nel paper“Bitcoin: un sistema di moneta elettronica peer-­to-­peer” come la “primavaluta digitale decentralizzata”, i bitcoin e bitcoin cash sono due delle criptovalute il cui funzionamento e sicurezza è basato su una coppia di chiavi crittografiche; vengono scambiate su una piattaforma con il medesimo nome (ma con l’iniziale maiuscola, “Bitcoin”) accessibile a tutti. L’utilizzo della tecnologia blockchain e la crittografia garantiscono sicurezza ed anonimato agli utenti, dando la possibilità di conoscere con certezza la data e la specifica quantità di fondi di ogni operazione, ma non anche l’identità dei soggetti coinvolti.
Per processare una costante e così elaborata quantità di dati si fa affidamento ai miners,ovvero utenti che mettono a disposizione la propria potenza di calcolo in cambio di un compenso in criptovalute.

4. Bene immateriale, denaro, prodotto finanziario

Già confermato dalla dottrina prevalente, la figura dei bitcoin, anche se nuova nel panorama giuridico, non può essere collegata alla species dei beni immateriali, non tanto per la loro tipizzazione quanto perché è l’ordinamento giuridico che deve prevedere norme che attribuiscano al titolare determinate facoltà.
Questo non è possibile in quanto le transazioni sulla piattaforma sono regolate da regole matematiche e protocolli di consenso degli utenti minersche automaticamente effettuano attività di validazione delle transazioni e registrazione delle stesse sulla blockchain.

La figura giuridica potrebbe quindi essere quella della “moneta”, seppur virtuale. Non considerando la teoria statalista che prevede un riconoscimento formale degli Stati, secondo la teoria economica una moneta esercita tre funzioni:

  1. mezzo di scambio (uso per l’acquisto di beni o servizi);
  2. riserva di valore (conservazione nel tempo del proprio potere d’acquisto);
  3. unità di conto (strumento di misurazione del valore di beni e servizi).

Tuttavia le criptovalute rispettano solo parzialmente questi parametri: sono sì utilizzate come mezzo di scambio, ma solo a livello convenzionale in quanto con un basso tasso di accettazione tra gli utenti; inoltre, cosa ancora più importante, non garantiscono una riserva di valore stabile a causa proprio di una mancanza di regole generali che non ne limitano la speculazione finanziaria.
Allo stato attuale, quindi, nonostante i bitcoin siano simili alla moneta elettronica, non sarebbe possibile qualificarli come “valuta” (poiché non hanno corso legale), né come “moneta” (in quanto non assolvono perfettamente le funzioni richieste dalla teoria economica).

Se i tentativi di ricondurre i bitcoin alle figure di mezzo di pagamentotipici dell’ordinamento sono risultati difficoltosi e pieni di contraddizioni, è circostanza nota che molti investitori abbiano deciso di acquistarli non come mezzi di pagamento bensì con finalità speculative, in virtù delle fluttuazioni del tasso di cambio rispetto la moneta legale.
Il problema in questo caso è dato dalla specificazione ex art. 1, comma 2 TUF, ai sensi del quale “gli stumenti di pagamento non sono strumenti finanziari”, allontanando quindi i bitcoin dal genusin questione e di conseguenza dall’insieme di norme in materia di attività di investimento.
Anche se accolta dalla dottrina maggioritaria, nella prima sentenza italiana sul tema (Sent. Trib. Verona N. 197/2017) i giudici hanno ritenuto che fosse integrata la prestazione di un “servizio finanziario” ai sensi del D.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), nella misura in cui il bitcoin sarebbe “uno strumento finanziario utilizzato per compiere una serie di particolari forme di transazioni online costituito da una moneta che può essere coniata da qualunque utente ed è sfruttabile per compiere transazioni, possibili grazie ad un software open source e ad una rete peer-to-peer”.
Tale inquadramento è risultato, a parere della dottrina maggioritaria, frettoloso per assicurare una forma di tutela ai consumatori nel caso concreto; ma come rilevato successivamente l’idea è che il giudice non si sia voluto addentrare in analisi dettagliate in mancanza di una omogenea disciplina data dagli organi nazionali ed internazionali.

5. Conclusione

Con l’inizio dell’era del “web 3.0” i legislatori nazionali ed internazionali faticano a seguire le continue e costanti innovazioni.
Dottrina e giurisprudenza devono, oggi più che mai, collaborare per limitare “l’anarchia” giuridica che regna in questi nuovi settori nell’attesa di una chiara regolamentazione.

 


Bibliografia

Capaccioli, Criptovalute e Bitcoin. Un’analisi giuridica, Giuffrè, 201

Capoti, Colacchi, Maggioni, Bitcoin Revolution. La moneta digitale alla conquista del mondo, Milano, Ulrico Hoepli, 2015

Lodi, Le criptovalute, in Giust. Civ., 19 ottobre 2014

Mazzoli, Sulla qualificazione giuridica del pagamento in bitcoin o altra criptovaluta, Coinlex, 2017

Nakamoto, Bitcoin: un sistema di moneta elettronica peer­-to-­peer, 2008

 


Autore


it_IT