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Quando il software è brevettabile: tutela brevettuale vs tutela autoriale

Di Carmine Perri

Premessa

Ai fini dell’identificazione della forma di tutela giuridica più appropriata ai programmi per elaboratore  è opportuno, in via preliminare, fornire una definizione di software.
Come efficacemente esprime il vocabolo inglese, il programma costituisce la componente morbida del computer, per contrapposizione con il termine hardware che si riferisce, al contrario, a quella solida.[1]

Il software, pertanto, può essere definito come un insieme di istruzioni scritte in qualsiasi codice o linguaggio, finalizzate all’esecuzione di una funzione, all’adempimento di un compito o all’ottenimento di un risultato da parte dell’elaboratore.
Il programma per elaboratore, quindi, risulta essere costituito dall’insieme delle istruzioni attraverso le quali il computer, acquisito un determinato dato quale input, effettua un’elaborazione dello stesso, fornendo poi, quale output, il risultato atteso.[2]

Pertanto, analizzando in dettaglio tale procedimento, va detto che esso si articola innanzitutto nella fase di elaborazione dell’algoritmo di soluzione, successivamente si sostanzia nella stesura del codice sorgente e, infine, allo scopo di rendere tale codice leggibile dal computer, quest’ultimo viene convertito in un linguaggio comprensibile alla macchina ovvero nel cosiddetto “codice oggetto”.

E’ opportuno sottolineare come i programmi (software) costituenti il contenuto operativo della macchina chiamata “elaboratore” (computer) che li contiene, siano oggetto di autonoma tutela giuridica.[3]

Infatti, ciascun software si estrinseca in una forma espressiva che, in quanto connotata dal requisito della creatività, lo rende meritevole di protezione.

Il riconoscimento di tale tutela si fonda sulla considerazione che il programma che regola il funzionamento e le applicazioni della macchina non è completamente condizionato dal perseguimento di tali scopi, ma può esplicarsi in una serie più o meno ampia di varianti, la cui determinazione nasce dal grado di creatività del programmatore.[4]

Rileva evidenziare, quindi, come la tutela del software, al pari di ogni opera dell’ingegno, sia condizionata alla presenza di un carattere creativo che, in tali casi, viene individuata nell’originalità della rappresentazione delle sequenze logiche e cioè nella disuguaglianza sintattica e strutturale del software.[5]

Pertanto, ai fini della tutela del software, l’unico criterio rilevante risulta essere quello dell’originalità della sua forma espressiva, restando esclusi i meriti qualitativi o estetici del programma stesso.

Tutela brevettuale e tutela autoriale a confronto

Dopo aver stabilito l’appartenenza del software all’alveo delle creazioni intellettuali, appare opportuno verificare se ad esso si addica maggiormente la sfera di tutela offerta dalla disciplina del diritto d’autore o, al contrario, dalle norme sul brevetto.

Infatti, queste ultime, a differenza delle norme in materia di copyright, che prevedonoun’insorgenza automatica del diritto in capo all’autore al momento dell’estrinsecazione dell’idea nella realtà fattuale, impongono alcuni adempimenti necessari ai fini della protezione dell’opera. Sicché,in quest’ultimo caso, risulta necessario che la stessa sia connotata da alcune peculiarità quali: il carattere dell’ originalità, quello della creatività e, infine, quello della sua applicabilità in campo industriale.

Il tema relativo all’individuazione delle forme di tutela giuridica del software è stato oggetto di un annoso dibattito in giurisprudenza ed in dottrina.
Secondo un primo orientamento, infatti, l’unica forma di tutela applicabile al software sarebbe stata quella brevettuale, in considerazione della sua peculiare natura tecnica e della sua appartenenza al “dominio dell’utile” e non “a quello dell’arte”.[6]

La tesi che propugna una tutela brevettuale muove dall’assunto che il software presenta le caratteristiche fenomenologiche delle invenzioni, essendo uno strumento destinato ad avere un’applicazione industriale.[7]
Pertanto, in base a tale filone interpretativo, il brevetto garantirebbe al programmatore lo strumento di tutela più efficace, poiché quest’ultimo verrebbe ad assumere un titolo giuridico idoneo a determinare l’insorgenza, in capo ad esso, della titolarità di un diritto esclusivo sull’invenzione, in un territorio e per un periodo ben determinati.

Oltre a ciò, la registrazione della domanda di brevetto garantirebbe al titolare il diritto di impedire ad altri di produrre, vendere o utilizzare l’invenzione senza la propria autorizzazione.

Tuttavia, tale impostazione non è rimasta esente da critiche, per lo più volte a rilevare l’assenza del requisito della materialità di tali opere.[8]

Su tale aspetto, infatti,  è stato sostenuto che non traducendosi il software in un vero e proprio oggetto materiale, sarebbe del tutto assente in esso il requisito dell’industrialità, intesa come necessaria estrinsecazione dell’invenzione in un’entità fisica[9][10], secondo la definizione di attività industriale presente nell’art. 2195 c.c.

Un orientamento più mitigato, inoltre, ha riconosciuto l’applicabilità della tutela brevettuale soltanto in relazione al firmware, ovvero quel software circuitale che è costituito da componenti elettronici della macchina e ne costituisce una parte inscindibile.[11]Infatti, per i sostenitori di tale tesi, difendere ad oltranza il concetto di originalità equivarrebbe a “creare un monopolio sull’idea che è alla sua base e sulle esigenze che tale idea soddisfa”.[12]

Altra autorevole dottrina, al contrario, in linea con quanto sancito dall’art.10 TRIPS[13], ha proposto di accostare il software alla categoria delle opere dell’ingegno e di applicare, in via analogica, la tutela esclusiva offerta dal diritto d’autore.[14]
Infatti, secondo i sostenitori di tale filone interpretativo, estendere la tutela brevettuale al software comporterebbe un inaccettabile monopolio sulle idee e conseguentemente, arrecherebbe un pregiudizio non trascurabile allo sviluppo tecnologico e scientifico.[15][16]

Inoltre, secondo tale tesi, la tutela offerta dal diritto d’autore viene ritenuta preferibile da un punto di vista pratico in quanto non presenta i rigidi requisiti di accesso propri della tutela brevettuale.[17]

Brevettabilità del software in Europa e U.S.A.

Allo scopo di compiere un’indagine esaustiva della tematica in esame, non può trascurarsi un’analisi della disciplina dettata in tale ambito dalla Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE) art. 52(1)-(3)[18].

Quest’ultima, a proposito della concessione di brevetti europei, stabilisce che i programmi per elaboratori “in quanto tali” non possono costituire oggetto di brevetto.

In particolare, il citato articolo 52 dispone espressamente che: “(1) I brevetti europei sono concessi per le invenzioni in ogni campo tecnologico, a condizione che siano nuove, implichino un’attività inventiva e siano atte ad avere un’applicazione industriale.Inoltre, al secondo comma viene precisato che, ai sensi del paragrafo 1, tra le attività non considerabili alla stregua di vere e proprie invenzioni vi sono proprio i programmi informatici.

Sebbene tale divieto non sembri ammettere la possibilità di concepire brevetti in ambito software, tuttavia, a seguito di una costante evoluzione interpretativa in questo ambito, in esso è stata successivamente riconosciuta l’implicita intenzione del legislatore di non attribuire la brevettabilità alle sole opere fini a se stesse, distinguendole da quelle che invece permettano di raggiungere determinati risultati materiali, potendo queste ultime divenire così brevettabili quali invenzioni di procedimento.

A tal riguardo, è opportuno evidenziare come in un primo momento le commissioni d’esame dell’EPO (“European Patent Office”) fornirono pronunce unanimi negando la concessione di brevetti basati sul software, adeguandosi alla Direttiva Europea 91/250 CEE del 14 maggio 1991[19].

Successivamente, invece, si è registrato uno sviluppo in senso più liberale che ha portato all’emanazione di due importanti sentenze (EPO-T1173/97 del 1/07/1998e EPO- T0935/97 del 4/02/1999), in cui l’EPO ha per la prima volta riconosciuto che i programmi per elaboratore non sono esclusi in modo categorico dalla brevettazione ma, al contrario, possono essere protetti quando il programma fornisce un ulteriore effetto tecnico che va oltre le normali interazioni fisiche tra software e hardware.

Tuttavia, nonostante questa parziale apertura rispetto alla riconduzione del software all’ambito di tutela brevettuale, è da segnalare che, negli anni duemila, si è registrata una nuova  inversione di tendenza in seno all’EPO.

Inversione da ritenere imputabile agli effetti scaturenti da una bocciatura della Direttiva Europea sul software (Direttiva 2009/24/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009)[20], nonché agli echidella sentenza della Corte Federale di Appello della California nel “caso In re Blinski” ( 545 F.3d 943, 88 U.S.P.Q. 2d 1385 (Fed. Cir. 2008) e “ Bilski v. Kappos” (561 US 593(2010)), emanata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel successivo grado di giudizio[21], le quali hanno apparentemente rimesso in discussione l’intera materia.[22]

Attualmente, sulla base della giurisprudenza europea più recente[23], si tende ad ammettere la brevettabilità di due categorie di invenzioni riconducibili alla categoria dei software: quelle nelle quali il programma produce un effetto tecnico interno al computer o ad altri elementi del sistema di elaborazione e le invenzioni nelle quali il programma gestisce, tramite l’elaboratore, un procedimento industriale esterno alla macchina.[24][25]

Nel primo gruppo vanno ricondotte le invenzioni che consentono di comandare il funzionamento di unità di elaborazione o unità periferiche del sistema, ad esempio un software che attraverso l’organizzazione delle memorie del computer consenta di eseguire contemporaneamente più programmi su un unico macchinario.

Al contrario, nel secondo raggruppamento vanno ricomprese le applicazioni dell’informatica finalizzate alla soluzione di problemi tecnici esterni al computer.[26]

Pertanto, a seguito dell’evoluzione della normativa in materia, può dirsi che oggigiorno in rapporto al software venga a costituirsi una tutela su un doppio binario: brevettuale per l’algoritmo, attraverso una tutela sostanziale che protegge il contenuto innovativo dell’invenzione, e d’autore per il programma, inteso nella sua estensione statica di codice meramente applicativo delle istruzioni incorporate nell’algoritmo stesso. Quest’ultimo, dunque, sarà oggetto di tutela formale, con riguardo al mero aspetto espressivo dell’opera, intesa come organizzazione originale dei comandi costituenti i codici eseguiti dall’elaboratore.[27]

Per tal verso, si è giunti a ritenere brevettabili, come invenzioni di procedimento, gli algoritmi che abbiano come contenuto sostanziale quello di risolvere problemi tecnici non banali mediante una soluzione nuova.

Al contempo, l’algoritmo, con riferimento al mero elemento testuale di cui si compone, sarà invece tutelato in base alla normativa sul diritto d’autore in quanto elemento fondamentale del software.

In Italia

Gli effetti di tale contrastante evoluzione della disciplina in ambito internazionale hanno finito per riverberarsi anche all’interno dei nostri confini nazionali.

Infatti, al fine di evitare che in un mercato globale la vigenza di discipline diverse potesse riflettersi negativamente sul regime di concorrenza e sui traffici internazionali, anche il legislatore italiano ha finito per adeguarsi all’orientamento dominante su scala internazionale volto a ricomprendere prevalentemente la tutela del software nel diritto d’autore.

Pertanto, sulla scia trainante della Direttiva Europea 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (recepita in Italia con D.P.C.M. n. 244 del 3 gennaio 1994), dove il legislatore ha optato per la tutela del software attraverso le norme sul copyright, anche in Italia si è deciso di assimilare i programmi alle opere dell’ingegno (in particolare a quelle letterarie) facendo confluire le disposizioni relative alla tutela del software nella l.n. 633/1941.

In particolare, rileva sottolineare come dal combinato disposto dell’art. 45 del codice della proprietà intellettuale (Dlg.s 10 febbraio 2005 n. 30) e dell’art. 2 n.8) L.d.a. si evinca che quest’ultima è volta a tutelare la natura eminentemente descrittiva del programma, legata alla formulazione e, specificamente, alla forma espressiva scelta per lo stesso.[28]

In ogni caso, tale norma subordina il riconoscimento della tutela solo a quei programmi connotati dal carattere dell’originalità e che siano il risultato di un’effettiva creazione intellettuale dell’autore.
Inoltre, l’art.2 n.8) sancisce espressamente che non devono essere ricompresi nell’ambito di tutela accordata dalla L.d.a. le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce.

Nella prassi, quindi, tale tutela è stata circoscritta al solo programma espresso in forma sorgente, ai dispositivi di output ed alle interfacce con l’utente.[29]
Pertanto, sulla base di tale norma, viene riconosciuto al programmatore il diritto di uso esclusivo del programma, comprensivo del diritto di poterlo riprodurre, tradurre, adattare, trasformare, modificare e distribuire.

Di converso, si evidenzia come l’art. 45 del (Codice della proprietà intellettuale) all’ art. 2 al punto b) sancisca una categorica esclusione dall’ambito di tutela brevettuale per i programmi per elaboratore.[30]
Tuttavia, alla luce delle argomentazioni suesposte, è opportuno considerare che tale esclusione non vada intesa in termini categorici, ma limitata a quei programmi per i quali viene richiesta una protezione “in quanto tali”.


[1]Lloyd I.J., Information Technology law, Oxford University Press, 2014;

[2]Musti B., I contratti a oggetto informatico,Giuffrè ( coll. il diritto privato oggi), XIV, 2008;

[3]Jarach,G., Pojaghi J., Manuale del diritto d’autore, Mursia, 2014;

[4]Finocchiaro G., Delfini F., Diritto dell’informatica, Utet, 2014;

[5]Cfr. Cass. n.1956/1987

[6]Pardolesi R., “Software”, “property rights” e diritto d’autore: il ritorno dal Paese delle meraviglie, in Foro IT.,II, 1987;

 [7]Ubertazzi L.C., Ammendola M., Il diritto d’autore, UTET Libreria, Torino, 1993;

[8]Ascarelli T., Teoria della concorrenza di beni immateriali, Giuffrè, 1960;

[9]Afferni V., Brevettabilità del software,in Aa.Vv., La tutela giuridica del software, a cura di Alpa G., Giuffrè, 1984: il quale in proposito sostiene che la critica alla brevettabilità del software vertente sull’assenza del carattere della materialità dello stesso risulta particolarmente debole “poiché è legata ad un’ipotesi di brevettabilità meramente indiretta (…)” infatti “la tesi dell’esclusione della brevettabilità poggia sull’errata equiparazione tra “formula matematica” (linguaggio che necessariamente il programma deve seguire per interagire con l’hardware) ed “enunciazione di regole matematiche” (in cui non sempre si identifica l’algoritmo, che può essere espressione di fenomeni logici e non matematici). Pertanto, secondo l’autore, “si configura la possibilità, invece, di ammettere un’invenzione di programma quando il software non esaurisce il proprio contenuto ideativo nell’applicazione dei principi scientifici e/o matematici, ma, è capace di produrre immediati risultati pratici grazie ad uno schema o procedimento di correlazione tra i predetti principi ed i dati empirici immessi dall’operatore”;

[10]Ghidini G., I programmi per computers fra brevetto e diritto d’autore, in Aa.Vv., La tutela giuridica del software, a cura di Alpa G., Giuffrè, 1984:

[11]Borruso R., L’algoritmo per computer e la sua brevettabilità, in Dir. Int.,1987;

[12]Floridia G., La protezione giuridica del software, in Corr. Giur., 1986;

[13]WIPO, TRIPS Treaty, 1995;

[14]Musti B., I contratti a oggetto informatico,Giuffrè ( coll. il diritto privato oggi), XIV, 2008;

[15]Luzzato E.,Una norma di legge francese da non imitare (a proposito della brevettabilità o meno dei programmi o serie di istruzioni per lo svolgimento delle opere di calcolatori elettronici,in Rivista di Dir. Ind., I, 1968:  L’autore sostiene l’inapplicabilità della tutela del diritto d’autore proprio perché il software non ha il fine di comunicare idee o sentimenti, come le opere dell’ingegno tradizionali, bensì quello di far funzionare una macchina;

[16]Tedeschi N., Atti del convegno 30/05/1985: “software e diritto d’autore”, F.Angeli Libri, 1980;

[17]Sirotti Gaudenzi A., Il nuovo diritto d’autore, Maggioli, 2018;

[18]Convenzione del 5 ottobre 1973 sul brevetto europeo (CBE), riveduta a Monaco il 29 novembre 2000, 2000;

[19]Consiglio,Direttiva per la tutela giuridica dei programmi per elaboratore, Direttiva 91/250/CEE del 14 maggio 1991;

[20]Ghidini G, Arezzo E., De Rasis C., Errico P.,Il software fra brevetto e diritto d’autore: primi appunti sulla proposta di Direttiva comunitaria sulle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici,in Riv. Dir. Ind.,I, 2005;

[21]La sentenza 545 F.3d 943, 88 U.S.P.Q. 2d 1385(Fed. Cir. 2008) – “In re Bilski” è stata emanata dalla Corte d’Appello Federale della California, che ha rigettato la richiesta di registrazione di un brevetto avente ad oggetto un processo di hedging di rischi da utilizzare nel commercio dei beni. Per determinare l’inammissibilità di brevetti aventi ad oggetto tali “business models” la Corte applicò il “machine or transformation test”. Successivamente, nella sentenza 561 US 593(2010)“Bilski v. Kappos” la Suprema Corte degli Stati Uniti d’America ha ribadito quanto affermato dalla Corte federale californiana, affermando contemporaneamente il principio in base al quale il “machine or transformation test” non avrebbe dovuto esser considerato come l’unico test idoneo alla valutazione dei requisiti per la brevettazione di un’opera, fornendo su tal punto un’interpretazione letterale del §101.

[22]Derclaye E., Software copyright protection: can Europe learn from American case law? part.1, EU Intellectual Property review, 2000;

[23]Guglielmetti G., Brevettabilità delle invenzioni concernenti software nella giurisprudenza della Commissione al ricorso dell’Ufficio europeo dei brevetti,in Riv. dir. ind., II, 1994;

[24]VanzettiA., Di Cataldo V., Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2012;

[25]Martinez C., Expanding patents in the digital world: the example of patents in software, in CEIPI-ICTSD Publ.series, IV, 2018;

[26]VanzettiA., Di Cataldo V., Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2012;

[27]Bakels R., GhoshR.A., Torrisi S., ThomasG., Study of the Effects of Allowing Patent Claims for Computer-Implemented Inventions, Maastricht: UNU-MERIT, 2008;

[28]Sirotti Gaudenzi A., Il nuovo diritto d’autore, Maggioli, 2018;

[29]Jarach G. – Pojaghi A., Manuale del diritto d’autore, Mursia, 2014;

[30]Buzzi M, Iglesias M., Rossi R.,Aspetti del diritto d’autore nella società dell’informazione: licenze open source e brevettabilità del sw, IIT-TR 05/2005, 2005.


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