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La PEC e il suo valore legale

di Filippo Versienti

La Posta Elettronica Certificata (PEC) è un sistema di comunicazione simile alla posta elettronica standard che integra alcune caratteristiche di sicurezza e di certificazione della trasmissione in più rispetto alla posta tradizionale. Tramite la PEC è possibile inviare e-mail aventi valore legale, dunque equiparate ad una raccomandata con ricevuta di ritorno, e che consentono quindi anche l’opponibilità a terzi dell’avvenuta consegna.

La PEC trova la sua prima disciplina organica nel DPR 11 febbraio 2005 n. 68. Tra i documenti tecnici collegati al DPR, il Decreto Ministeriale del 2 Novembre 2015 “Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata”, elenca i requisiti tecnico-funzionali che devono essere rispettati dalle piattaforme che erogano tale servizio.

Anche il Codice dell‘Amministrazione Digitale (D.lgs. n. 82/2005) fa esplicito riferimento alla PEC, in ispecie, agli artt. 6 e 48, laddove rinvia al D.P.R. 68/2005 per la disciplina specifica. Il Consiglio di Stato, ha tuttavia dichiarato, di preferire l’assorbimento dell’intero Decreto all’interno dello stesso Codice dell’Amministrazione Digitale (v. in tal senso il parere n. 11995 dell’Adunanza del 7 febbraio 2005).

Nel manuale sulle “Regole tecniche del servizio di trasmissione di documenti informatici mediante posta elettronica certificata“, ai capitoli 6.1 e 6.3.1, è stabilito che, ai fini della determinazione dei dati di certificazione, fanno fede solo gli elementi utilizzati per l’effettivo instradamento del messaggio verso i destinatari, come i campi “To” (A/Verso) e “Cc” (Copia conoscenza). I dati presenti nel campo “Ccn” (Copia conoscenza nascosta) ovvero il suo corrispettivo inglese “Bcc” (Blind-carbon copy), invece, non sono considerati validi dal sistema in quanto oscurano l’indirizzo dei destinatari, e nonostante essi ricevano comunque una copia del messaggio, il loro indirizzo non viene reso noto agli altri destinatari del messaggio.

In caso di utilizzo del campo “Ccn” (o “Bcc”) il punto di accesso non accetterà il messaggio nel sistema di posta certificata, che sarà respinto, con contestuale emissione del relativo avviso di non accettazione.

A differenza della raccomandata, la PEC può consentire anche solo di certificare il contenuto dei messaggi trasmessi (quarto comma, art. 6 del DPR n. 68/2005). Infatti, la differenza sostanziale con la raccomandata è che quest’ultima fornisce solo ed esclusivamente la prova dell’invio di una comunicazione, ma non del suo contenuto.

La III sezione della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 10021 del 2005 ha nuovamente confermato che spetta al mittente provare ciò che il destinatario della raccomandata ha ricevuto. La Corte, infatti, ha deciso di tagliare col passato e di far trionfare, nonostante le non trascurabili conseguenze pratiche della decisione, il banale principio secondo cui l’onere di provare il contenuto della busta inviata con raccomandata, in assenza di norme che dispongano diversamente, non può che gravare sul mittente della stessa, in rispetto alla regola generale di cui all’art. 2697 c.c. che disciplina la ripartizione processuale dell’onere della prova e che corrisponde al notorio brocardo “onus probandi incumbit ei qui dicit”.

Se la PEC consente quindi, come accennato, di provare il contenuto della comunicazione, allora assume rilevanza anche ai fini della prova della data di una scrittura privata nei confronti dei terzi, secondo quanto previsto dalla vigente disciplina in materia di prove documentali (art. 2704 c.c.).

Infatti, laddove un documento debba avere “data certa”, è possibile, inviandolo tramite PEC, conferirgli prova di anteriorità. Sia la ricevuta di accettazione che la ricevuta di avvenuta consegna rappresentano infatti prove legali. E’ proprio grazie a questo valore che è possibile provare, ad esempio, che il destinatario che neghi di aver ricevuto un’e-mail inviata a mezzo PEC, l’abbia in realtà ricevuta, poiché l’anzidetta ricevuta di accettazione attesta in maniera perentoria la data e l’ora in cui il messaggio è stato consegnato nella casella di posta.

Un’ulteriore ed ultima caratteristica dei servizi di posta certificata, è l’utilizzo esclusivo di protocolli sicuri (https) per garantire l’integrità del messaggio ed impedire qualsiasi intrusione e manomissione dello stesso da parte di terzi. Una volta che il messaggio è stato inviato e la sua integrità è dunque garantita, il sistema invia una ricevuta di consegna al mittente. A questo proposito, il DPR n. 68/2005 prevede tre diverse tipologie di ricevuta di avvenuta consegna:

  • ricevuta breve, in cui è riportato solo un estratto del messaggio;
  • ricevuta sintetica, in cui si attesta solo l’invio della comunicazione senza riferimenti al contenuto del messaggio;
  • ricevuta completa, in cui il messaggio è riportato integralmente (ad esempio il testo della mail è integralmente trascritto nella ricevuta).

Tale differenziazione è tuttavia di assoluta importanza, in quanto rileva l’efficacia probatoria del messaggio. Infatti, qualora la ricevuta sia completa o breve, è possibile provare oltre all’esistenza di una comunicazione tra due soggetti, anche il contenuto del messaggio inviato; cosa che invece non è possibile con la ricevuta sintetica.

In conclusione, la PEC non è solo uno strumento in grado di assicurare l’integrità e la certezza del corpo del messaggio inviato e dei suoi allegati, ma si rivela un’importante (ed economica) risorsa funzionale alla garanzia della sicurezza professionale e personale.


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