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La discriminazione IBAN: inquadramento e rimedi

“Discriminare” conti aperti con neobanks con licenza estera è illecito. Oltre 2 milioni di Euro di sanzioni irrogate dell’AGCM nel 2019.

di Andrea Moriggi

Se una società, un datore di lavoro, un commerciante o un fornitore di servizi si rifiuta di attivare una domiciliazione oppure eseguire un bonifico sul tuo conto poiché estero, ma comunque all’interno dell’area SEPA[1], sei probabilmente vittima di discriminazione IBAN (più comunemente nota come IBAN discrimination).

Da ormai diversi anni, banche tradizionali e società come Revolut, N26, Qonto, Hype o Monzo – che hanno una licenza bancaria[2] in giurisdizioni europee spesso diverse da quella del luogo di residenza della loro clientela internazionale – consentono anche a clienti non domestici di aprire un conto ed operare con un normale codice IBAN.

Non sempre però la controparte accetta di effettuare/ricevere un pagamento o attivare una domiciliazione con un cliente che abbia un IBAN collegato ad un conto aperto presso una banca con licenza estera.

L’IBAN estero è infatti immediatamente identificabile, e non sempre è ben visto dagli operatori domestici che invece preferiscono continuare ad operare con clientela che utilizza banche nazionali. La composizione del codice IBAN varia infatti da paese a paese; ad esempio, nel caso dell’Italia, i codici IBAN iniziano normalmente con “IT”, ma se si utilizza un conto aperto online con una neobank[3] situata all’estero, le iniziali saranno rispettivamente “GB”, “DE”, “LU”, etc, a seconda che la società con cui si è aperto il conto abbia una licenza bancaria inglese, tedesca o lussemburghese. Un altro dettaglio che può cambiare è poi la lunghezza del codice alfanumerico: in Norvegia è ad esempio composto da 15 caratteri, in Italia da 27 e a Malta da 31.

In breve, questi due elementi differenziali talvolta possono portare alcuni operatori – probabilmente preoccupati da un aggravio di costi ed ostacoli burocratici nell’interloquire con istituti al di fuori dei confini nazionali – a rifiutarsi di accettare domiciliazioni o eseguire pagamenti su IBAN esteri. Tale comportamento è tuttavia contrario all’art. 9 del regolamento UE 260/2012 sull’accessibilità dei pagamenti, e così come in Italia l’AGCM non ha esitato a sanzionare severamente le società ed enti pubblici che ne hanno fatto ricorso, anche negli altri paesi dell’Unione Europea le rispettive autorità hanno proceduto ad irrogare sanzioni piuttosto incisive.

Quali rimedi?

Se una società si sta rifiutando di effettuare o ricevere un pagamento oppure attivare una RID (o domiciliazione) sul tuo codice IBAN non domestico, puoi agire in due modi: il primo, è quello di inviare un reclamo formale, specificando che il rifiuto di accettare una domiciliazione o eseguire un bonifico in area SEPA costituisce una discriminazione IBAN, quindi una violazione dell’art. 9 del regolamento UE 260/2012.

Qualora il reclamo formale, che andrebbe preferibilmente inviato tramite PEC, non dovesse rivelarsi efficace, il consiglio – se sei residente in Italia – è quello di inviare una segnalazione all’AGCM. Quest’ultima non è tuttavia la strada che probabilmente ti aiuterà a risolvere definitivamente il problema, quantomeno non in tempi brevi. La segnalazione è infatti utile per far sì che l’autorità sanzioni una pratica scorretta, ma richiede tempo e, sarà tanto più efficace (e veloce) quanti più utenti condivideranno la segnalazione del problema con il medesimo operatore.


[1] I paesi dell’area SEPA (Single Euro Payments Area) sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Isole Faroe, Groenlandia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Gibilterra, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Monaco, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, San Marino, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito.

[2] In Italia nota come autorizzazione all’attività bancaria rilasciata ai sensi dell’art. 14, comma 1 del TUBC.

[3] Neobanks è un termine coniato nel 2017 per identificare gli istituti di credito che operano – con un ventaglio di prodotti più ridotto rispetto alle banche tradizionali – esclusivamente online, senza dunque alcuna filiale fisica.


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